Ad una prima impressione, si direbbe che la canna orizzontale abbia più senso nei telai da donna che in quelli da uomo, per evitare danni fisici e crisi d’identità al ciclista quando il piede scivola dal pedale e perde l’appoggio; eppure vi sono delle buone ragioni per la sua presenza, o almeno ve ne erano quando la bicicletta fu inventata.
La prima è che, a differenza delle donne, gli uomini vedono in ogni novità un’occasione di competizione e non dovette passare molto tempo prima che i ragazzi dell’epoca cominciassero a gareggiare con il nuovo mezzo, diventato in seguito un cult dello sport, mettendo in evidenza la necessità di un telaio più forte e resistente all’impeto maschile. La canna orizzontale, quindi, rappresentò un ottimo rinforzo in più per tutta la struttura, dettaglio particolarmente importante per le prime biciclette, costruite con materiali molto meno resistenti di quelli odierni.
La seconda è legata alla cultura e alle mode dell’epoca: nella seconda metà del 1800, le donne indossavano ampi vestiti a strati e mostrare anche solo una caviglia era considerato uno scandalo nazionale; salire su una bicicletta era quindi molto sconveniente per il gentil sesso, poichè l’ampio movimento richiesto per scavalcare il tubo superiore, costringeva a svelare gli strati sottostanti del vestiario e spesso addirittura la sottana, creando scompiglio e pensieri ignazi tra gli uomini.
I primi produttori di biciclette intuirono subito il potenziale del nuovo veicolo e, volendo allargare il mercato anche alle donne, pensarono bene di creare un modello femminile senza canna orizzontale, affinchè potessero montare e smontare dalla bici senza sollevare le gambe. Le prime vendite furono incoraggianti e spinsero le industrie a proseguire in questa direzione, anche se molte donne continuarono a preferire la bicicletta maschile per una ragione meno pratica e più poetica: andare romanticamente a passeggio con i propri innamorati, sedute sulla canna orizzontale.
(M.G.)
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