La condanna a morte di Dostoevskij

« A chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante di poter non morire, del poter far tornare indietro la vita. Allora, quale infinità! Si potrebbe trasformare ogni minuto in un secolo intero… »

(da L’idiota’ )

Il 19 dicembre 1849, il celebre scrittore russo è sul patibolo, assieme a venti dei suoi compagni ‘sovversivi’. La condanna a morte viene promulgata direttamente dallo zar Nicola I, dopo averlo fatto imprigionare nella fortezza di Pietro e Paolo. Il motivo? L’essere un membro del ‘Circolo di Petrasevskij ’.

Un'intenso ritratto di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Il 19 dicembre 1849, il celebre scrittore russo fu condannato a morte per la sua appartenenza al ‘ Circolo di Petrasevskij ’, ma proprio un attimo prima di essere giustiziato successe qualcosa di insperato. Cult stories Fëdor Michajlovič Dostoevskij literature russian books Delitto e castigo scrittore cult

Giovanissimo, ma già alle prese con un male terribile come l’epilessia, Fëdor Michajlovič Dostoevskij era, nella prima metà dell’800, uno dei personaggi più influenti dei circoli letterari pietroburghesi, all’interno dei quali poteva fare sfoggio del suo talento e discutere di politica con i suoi pari. Un ambiente, quello di Pietroburgo, in pieno fermento culturale, in cui la repressione ideologica del regime sembrava non incutere terrore ai giovani utopisti che credevano in concetti come libertà di espressione ed equità sociale. Fu Michail Petrasevskij, politico divulgatore delle idee liberali e socialiste occidentali, a raccogliere intorno a sé scrittori e studenti col suo stesso profilo ideologico, dando vita agli ormai celebri ‘venerdì’ in cui, se in principio ci si soffermava a trattare di economia politica ed idee astratte, ben presto si sviluppò una tendenza fortemente anti-zarista a favore di una repubblica federativa russa.

Dostoevskij non si sentì mai troppo legato alla causa ‘rivoluzionaria’ dei suoi compagni, ma il circolo di Petrasevskij era una delle poche occasioni di confronto con gli intellettuali dell’epoca, compensando inoltre “quel bisogno di cameratismo, di vita comune, di compagnia” che aveva a lungo cercato nella sua gioventù solitaria ed irrequieta. Del resto, contemporaneamente al circolo di Petrasevskij, il giovane Fëdor frequentava anche un ambiente dagli ideali totalmente opposti, di carattere monarchico.

Dalle parole ai fatti, i giovani rivoluzionari misero in piedi una stamperia clandestina per la divulgazione di dissertazioni fortemente polemiche: sebbene Dostoevskij partecipasse in misura minore a quest’iniziativa, fu comunque sufficiente a condannarlo ad una sorte prevedibile, per la Russia dei tempi. La polizia zarista non aveva mai smesso di sorvegliare le riunioni clandestine dei circoli letterari, così, nella notte fra il 22 e il 23 aprile 1849, irruppe nella casa di Petrasevskij arrestando più di venti fra i partecipanti a quegli incontri, fra cui lo stesso Dostoevskij. La condanna fu lapidaria: ognuno di quei giovani avrebbe pagato l’oltraggio allo zar con la morte.

Trascorsero lunghi mesi in cella, con la certezza che la vita sarebbe finita di lì a breve. Un’esperienza terribile, riassunta perfettamente in un frammento di ‘Delitto e castigo ’: « Dove mai ho letto che un condannato a morte, un’ora prima di morire, diceva o pensava che, se gli fosse toccato vivere in qualche luogo altissimo, su uno scoglio, e su uno spiazzo così stretto da poterci posare soltanto i due piedi, – avendo intorno a sé dei precipizi, l’oceano, la tenebra eterna, un’eterna solitudine e una eterna tempesta, e rimanersene così, in un metro quadrato di spazio, tutta la vita, un migliaio d’anni, l’eternità, – anche allora avrebbe preferito vivere che morir subito? Pur di vivere, vivere, vivere! Vivere in qualunque modo, ma vivere!… Quale verità! Dio, che verità! È un vigliacco l’uomo!… Ed è un vigliacco chi per questo lo chiama vigliacco. »

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Il giorno dell’esecuzione arrivò. Dostoevskij e i suoi compagni salirono sul patibolo, ma successe qualcosa di insperato, desiderato così ardentemente da risultare quasi impossibile nella sua ormai provata mente. La vita, nella figura dello zar in persona, gli diede una seconda opportunità: la condanna venne commutata in lavori forzati, per un tempo indeterminato. Una prospettiva non proprio rosea, ma se non altro gli era stato concesso il bene più prezioso, grazie al quale avrebbe potuto sopportare tutto, anche la tortura.

Dostoevskij scontò la condanna in Siberia e, grazie alla buona condotta, riuscì ad avere uno sconto di pena servendo nell’esercito come soldato semplice nel 7º battaglione siberiano. Questa tremenda esperienza ha generato capolavori della letteratura contemporanea, come lo sconvolgente ‘Memorie dalla Casa dei Morti‘, spietato ritratto di un’umanità abietta, che tuttavia non dimentica di sperare.

(A.C.)

scritto da:

Annachiara Chezzi

Laureata in Scienze della Comunicazione e specializzata in Gestione delle Attività Turistiche e Culturali, è creatrice ed articolista di Cult Stories. La sua innata curiosità la spinge a non accontentarsi di nuotare in superficie e a voler approfondire gli argomenti che tratta.

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