È universalmente considerata l’opera pittorica più famosa del Novecento: di Guernica, mastodontico dipinto di Picasso (misura 3,51 x 7,82 metri), si son susseguite miriadi di interpretazioni. Un dato certo è l’episodio che ha ispirato quest’opera.. o forse no!
Guernica prende il nome dalla cittadina basca rasa completamente al suolo dagli aerei della Legione Condor hitleriana nel 1937, in piena Seconda Guerra Mondiale. Il governo spagnolo anarco-socialcomunista chiese al pittore di creare un’ opera che evocasse il conflitto in corso, per presentarla all’Esposizione Universale di Parigi dell’anno successivo. Venne di fatto esposto questo grandioso capolavoro, dal forte impatto drammatico, intensificato dall’assenza di colori e dai visi sfigurati dal dolore disseminati sulla grande superficie. Fra queste figure emerge un cavallo che urla, simbolo, secondo alcuni, di nobiltà e fierezza piegate alla brutalità della guerra; la donna che cinge le braccia intorno ad un corpicino esanime richiama perfettamente la Pietà di Michelangelo; la lampada ad olio rappresenta il regresso della società contemporanea di fronte al bombardamento; infine il toro, emblema della Spagna distrutta dalla dittatura franchista. A questo proposito, nella corsa alle letture più disparate, l’importante enciclopedia Rizzoli-Larousse vi vede ad esempio un Minotauro, antico simbolo della violenza… Del resto, lo stesso Picasso non si espresse mai sul perché di quei soggetti.
Un complesso di simboli perfetto quindi, per esprimere le terribili conseguenze generate dal conflitto bellico. Tuttavia, le origini dell’opera risalgono a ben altro evento luttuoso. Inizialmente intitolata ‘En muerte del torero Joselito ’, era un tributo al grande beniamino dell’artista, morto tragicamente durante una corrida. Ad uno sguardo più dettagliato, si nota che in effetti di riferimenti al bombardamento alla città basca ce ne sono ben pochi: il presunto Minotauro è più semplicemente il toro che ha ucciso Joselito, mentre il cavallo agonizzante richiama quello del torero, coinvolto anch’esso dalla furia del toro durante la corrida.
Picasso insomma ha ‘riciclato’ un suo dipinto per l’Esposizione Universale, lasciandolo pressoché immutato, se non fosse per l’aggiunta di una colomba. Si dice l’abbia venduto al governo per una cifra che si aggira intorno alle 300 mila pesetas dell’epoca (qualche milione di euro di oggi). A chi gli obiettava alcune incongruenze con l’episodio da cui avrebbe preso spunto, come ad esempio il fatto che il bombardamento sulla città avvenne in pieno giorno, mentre il quadro raffigura un paesaggio notturno, il pittore spagnolo rispondeva cripticamente: “la luce sono io: io rischiarerò la notte fonda dell’uomo e la mia ”.
La simbologia di quest’opera, oggetto di studi per generazioni di studenti, si riferisce quindi a tutt’altro episodio, ma gli avvenimenti, con un notevole contributo dell’artista, le hanno riservato un destino differente.
Curiosità: durante un sopralluogo nello studio francese del pittore da parte delle truppe naziste, l’allora ambasciatore tedesco Otto Abets, di professione insegnante di disegno, vedendo una riproduzione di Guernica chiese: “È lei che ha fatto questo orrore, maestro?” Prontamente, Picasso replicò: “No, è opera vostra!”
(A.C.)