Non è così raro imbattersi in una variopinta ‘calavera ’ sulla pelle di un tattoo-addicted e non rimanere affascinati dalle sue forme e colori. La stessa Frida Kahlo arricchiva i suoi dipinti surreali con alcune di queste rappresentazioni. Pochi però ne conoscono la storia e l’importanza che riveste nella cultura messicana.
Le calaveras sono i teschi legati alla tradizione funebre centroamericana, particolarmente sentita da queste popolazioni, e che assume connotazioni decisamente differenti da quelle europee. Essi nascono come prodotti dolciari consumati durante le celebrazioni del Día de los Muertos, il corrispettivo precolombiano delle cristiane Festa di Ognissanti e Commemorazione dei Defunti, per poi evolversi col tempo in giocattoli, sculture e maschere da portare in processione. E, in ultima istanza, in soggetti prediletti dei tatuatori.
I teschi di zucchero (generalmente di canna) o di cioccolato, decorati con coloranti vegetali di diverse tonalità, hanno anche una funzione ornamentale degli altari allestiti nelle case e sulle tombe dei defunti, assieme al cibo, alle bevande e a tutto ciò che il caro estinto di turno amava consumare in vita, in modo da omaggiarne la memoria affinché ascolti le preghiere di parenti ed amici.
L’esperienza della morte è vissuta in questa parte di mondo in modo allegro e giocoso, in una maniera difficile da interpretare per chi vede nel trapasso un’accezione negativa, in quanto causa della perdita della persona cara. In Messico invece, fin dai tempi degli Aztechi, la morte assume un connotato positivo perché foriera di una condizione migliore, celebrata in antichità con sacrifici volontari in onore della Dea della terra e della vita Coatlicue, rappresentata figurativamente con una maschera della morte. A conferma di ciò, i templi aztechi erano arricchiti da sculture a forma di teschi. Secoli dopo, la colonizzazione spagnola ha introdotto nell’iconografia religiosa messicana gli scheletri delle danze macabre medievali .
La tradizione delle calaveras è stata inoltre influenzata, nell’ultimo secolo, dall’arte di José Guadalupe Posada, considerato da molti come il primo umorista della pittura moderna, nonché precursore del filone artistico nato durante gli anni della Rivoluzione Messicana, che annovera fra i suoi esponenti artisti del calibro di Orozco, Rivera e Siqueros. Le sue incisioni più famose sono appunto legate ai teschi, qui spogliati del loro carattere strettamente religioso per vestirne uno caricaturale, satirico ed addirittura politico, poiché ispirati alla vita borghese e alla dittatura di Porfirio Díaz. L’opera più famosa è la Calavera Catrina (Il teschio della Gran Dama), che raffigura lo scheletro di una donna vestita con abiti che ricordano l’aristocrazia europea ottocentesca e con un grosso cappello di piume di struzzo in testa, espressione critica nei confronti di coloro che desiderano ardentemente emulare – a volte anche in maniera grottesca – costumi ed abitudini del vecchio continente.
Al di là dell’aspetto satirico, le illustrazioni di Posada vengono spesso associate al Día de los Muertos, poiché raffigurano i motivi tipici della cultura indigena messicana. La stessa Catrina (ispirata alla ‘Signora dei Morti’ azteca) viene raffigurata durante le celebrazioni funebri con materiali e su supporti fra i più disparati e variopinti.
(A.C.)