Munch, l’urlo del vulcano

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Edvard Munch, L’urlo.

da leggere ascoltando: Pink floyd, ‘Careful with that Axe, Eugene (live in Brighton 1972)’.

Dipinto su un supporto di cartone con olio, tempera e pastello, ‘L’urlo ‘, del pittore norvegese Edvard Munch è diventato l’icona indiscutibile dell’angoscia e dello smarrimento dell’uomo moderno. L’opera è il frutto di una serie di eventi, tra cui un attacco di panico che colse l’artista durante una passeggiata con gli amici e, secondo gli esperti, anche l’eruzione di un vulcano lontano.

Era il 27 agosto del 1883 quando il Krakatoa, situato sull’omonima isola indonesiana, famoso per le sue violente eruzioni, esplose in quello che viene ricordato come il più devastante dei fenomeni vulcanici dell’era moderna. Durante le quattro eruzioni, che si susseguirono a breve distanza l’una dall’altra, furono riversati nell’atmosfera oltre 20 Km cubi di cenere e roccia, lanciati a circa 1000 km/h di velocità, fino ad un’altezza stimata di 80 km; il boato fu udito distintamente a più di 4000 km di distanza e provocò riverberi in ogni angolo del mondo per i successivi cinque giorni; le scosse generarono tsunami terrificanti con onde alte anche 45 mt ed il cielo risultò oscurato per diversi anni. Le temperature calarono di circa 1.3 °C, vi furono numerosi fenomeni estremi come violente tempeste e piogge acide ed ovunque sul pianeta si poté assistere ad incredibili tramonti rosso-sangue e rosso-fuoco, talmente intensi che negli States ‘i pompieri furono chiamati spesso, soprattutto nelle zone di New York, Poughkeepsie e New Haven per spegnere incendi che non esistevano‘. E’ questo lo scenario entro il quale, secondo gli studiosi, andrebbe collocato il dipinto di Munch; lo stesso artista nel suo diario ricorda infatti che mentre camminava a Nordstrand su un ponte con due amici, ‘il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di un rosso sangue. Mi fermai, colto dal terrore, appoggiandomi ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuarono a camminare, ma io tremavo di paura. […] Improvvisamente, un urlo ha attraversato il creato. Un grido forte, terribile, acuto, che mi è entrato in testa, come una frustata. L’atmosfera serena si è fatta angosciante, simile ad una stretta soffocante: tutti i colori del cielo mi sono sembrati stravolti, irreali, violentissimi. […] Anch’io mi sono messo a gridare, tappandomi le orecchie, e mi sono sentito un pupazzo, fatto solo di occhi e di bocca, senza corpo, senza peso, senza volontà, se non quella di urlare, urlare, urlare… Ma nessuno mi stava ascoltando: ho capito che dovevo gridare attraverso la pittura, e allora ho dipinto le nuvole come se fossero cariche di sangue, ho fatto urlare i colori.

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Il Krakatoa ai giorni nostri, ripreso dal fotografo Marco Fulle.

Il racconto descrive senza dubbio quello che oggi chiamiamo ‘attacco di panico‘, ma secondo uno studio, il cielo rosso sangue e l’urlo della natura che tanto spaventarono l’artista sarebbero stati reali, provocati dall’eruzione del Krakatoa. Munch fu testimone delle forze impressionanti che sovrastano la nostra vita, facendoci sentire piccoli ed impotenti; una sensazione magistralmente ritratta dal pittore norvegese nella sua opera più sentita.

(M.G)

 

scritto da:

M. Gatti

Fondatore di Cult Stories. Illustratore part-time. Educatore per l'adolescenza disagiata.

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