Il misterioso quaderno verde del poeta Che Guevara

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Ernesto ‘Che’ Guevara intento a nascondersi durante un’azione di guerriglia. Alcuni testimoni riferiscono che il taccuino immortalato in questa foto fosse proprio il famoso quaderno verde.

da leggere ascoltando: Inti Illimani, ‘Comandante Che Guevara ‘.

Quella in cui fu coinvolto Paco Ignacio Taibo II, autore messicano di origini spagnole, è stata un’impresa dal sapore leggendario e al contempo romantico.

Noto giornalista e romanziere, Taibo II è anche il biografo di Ernesto “Che” Guevara, proprio quel “Che” Guevara che la storia ha consacrato come uno dei suoi eroi indiscussi, l’uomo che combatté in nome di un’America Latina disperata e stanca.

Grazie a scrittori come Taibo II, anche le attuali generazioni conoscono le imprese del comandante argentino: dal viaggio in motocicletta per tutto il Sud America, nel quale, non ancora medico, si prodigava in aiuto dei disperati, al crudele epilogo, durante la ormai celeberrima guerriglia in Bolivia. Questi gli elementi salienti della sua biografia, ma ce ne sono altri meritevoli di considerazione, soprattutto per chi desidera conoscere il lato più umano del Che, come quello che stiamo per raccontarvi.

Infanzia ed adolescenza di Guevara erano impregnate di cultura ed idealismo, grazie al supporto di una famiglia liberale (che dovette fuggire dalla Spagna franchista per rifugiarsi in Argentina), ma soprattutto grazie all’innata passione per la letteratura e la poesia. I suoi compagni nelle lunghe ore adolescenti erano infatti Verne, London, Baudelaire e Verlaine, Machado, Salgari, così come Freud, Jung e Russell, ma l’ autore più apprezzato era quasi certamente Pablo Neruda

L’amore per la poesia non abbandonò mai il medico sognatore, neanche quando divenne il Che quel giorno in Guatemala, tanto da spronarlo a scrivere alcuni versi, oltre alla nutrita attività prosaica. E così, più accresceva la passione politica ed il desiderio di un Sud America unito contro le ingiustizie sociali, più i suoi scritti si facevano ideologici, dando forma al pensiero per cui sarebbe diventato una vera e propria icona. «Il guerrigliero è un riformatore sociale, che prende le armi rispondendo alla protesta carica d’ira del popolo contro i suoi oppressori, e lotta per mutare il regime sociale che mantiene nell’umiliazione e nella miseria tutti i suoi fratelli disarmati», scriveva negli “Scritti, discorsi e diari di guerriglia “, raccolti fra il 1959 e il ’67.

L’impresa vissuta da Taibo II riguarda perciò l’intima inclinazione del Che verso l’arte poetica e comincia in un’anonima giornata di agosto di qualche anno fa, quando gli fu recapitato un blocco di fotocopie, 150 per l’esattezza, scritte con una grafia a lui molto familiare. Lo scrittore messicano aveva già sentito parlare di alcuni cimeli rintracciati dai carcerieri di Che Guevara ai tempi della sua cattura, poi andati perduti. Grazie ad una foto scattata da un agente della CIA poco dopo la morte del leader argentino, si seppe che quei cimeli consistevano in alcune cartine colorate, una radio portatile, dodici rullini ed un quaderno verde. Non sapeva darsi una spiegazione, ma Taibo II si era convinto che gli fossero state recapitate proprio le copie di quel quadernetto dal frontespizio in caratteri arabi, probabilmente un ricordo della permanenza del suo proprietario in Congo.

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Aleida March, seconda moglie di Che Guevara, ricordava così la grande passione del marito per la lettura: «Leggeva a tutte le ore, in qualunque momento libero avesse, tra due riunioni, mentre andava da un posto all’altro ».

Si tratta di un’antologia di poesie, delle quali non compaiono i nomi degli autori, ma di cui Taibo II riconobbe alcuni versi. Erano svariati sonetti che il grande rivoluzionario aveva a cuore, e che decise di portare sempre con sé, in modo da confortarlo nei momenti di quiete prima e dopo la tempesta. Per cui fu facile per il biografo messicano individuare fra quei versi alcuni di Neruda, nello specifico ‘Posso scrivere i versi più tristi stanotte ‘ e ‘La canzone disperata ‘ appartenenti alle Venti poesie d’amore; gli ‘Araldi neri ‘ di Cèsar Vallejo e le poesie di Nicolás Guillén e León Felipe.

Che Guevara sottovalutava le potenzialità dei versi scritti di suo pugno, per questo quelli giunti fino a noi sono solo una manciata, che testimoniano forse un’ingenuità stilistica, ma sicuramente una fortissima passione nei confronti della causa che ha portato avanti fino alla fine dei suoi giorni. Ne è un esempio la poesia dedicata a María, un’anziana donna messicana affetta da gravi disturbi respiratori, che lui non riuscì a salvare, ma che gli ispirò un appassionato giuramento.

(A.C.)

Vecchia María

Vecchia Maria, stai per morire,
voglio dirti qualcosa di serio:
la tua vita è stata un rosario completo di agonie.
Non hai avuto amore d’uomo, salute e denaro,
soltanto la fame da dividere con i tuoi;
Voglio parlare della tua speranza,
delle tre diverse speranze
costituite da tua figlia senza sapere come.
Prendi questa mano d’uomo che sembra di bambino
tra le tue levigate dal sapone giallo.
strofina i tuoi calli duri e le pure nocche
contro la morbida vergogna delle mie mani di medico.
Ascolta, nonna proletaria:
credi nell’uomo che sta per arrivare
credi nel futuro che non vedrai.
Non pregare il dio inclemente
che per tutta la vita ha deluso la tua speranza.
E non chiederà clemenza alla morte
per veder crescere le tue grigie carezze;
i cieli sono sordi e sei dominata dal buio,
su tutto avrai una rossa vendetta,
lo giuro sull’esatta dimensione dei miei ideali
tutti i tuoi nipoti vivranno l’aurora,
muori in pace vecchia combattente.
Stai per morire vecchia Maria,
trenta progetti di sudario
ti diranno addio con lo sguardo
il giorno che te ne andrai.
Stai per morire vecchia Maria
rimarranno mute le pareti della sala
quando la morte si unirà all’asma
e consumerà il tuo amore nella tua gola.
Queste tre carezze fuse nel bronzo
(l’unica luce che rischiara la tua notte)
questi tre nipoti vestiti di fame,
sogneranno le nocche delle tue vecchie dita
in cui sempre trovavano un sorriso.
Questo sarà tutto, vecchia Maria.
La tua vita è stata un rosario di agonie,
non hai avuto amore d’uomo, salute, allegria,
soltanto la fame da dividere coi tuoi.
È stata triste la tua vita vecchia Maria.
Quando l’annuncio dell’eterno riposo
velerà di dolore le tue pupille,
quando le tue mani di sguattera perpetua
riceveranno l’ultima ingenua carezza,
penserai a loro. . . e piangerai,
povera vecchia Maria. No non lo fare!
Non pregare il dio indolente che per tutta una vita
ha deluso la tua speranza
e non domandare clemenza alla morte,
la tua vita ha portato l’orribile vestito della fame
e ora, vestita di asma, volge alla fine.
Ma voglio annunciarti,
con la voce bassa e virile delle vendette,
voglio giurarlo sull’esatta
dimensione dei miei ideali.
Prendi questa mano d’uomo che sembra di bambino
tra le tue levigate dal sapone giallo.
strofina i tuoi calli duri e le pure nocche
contro la morbida vergogna delle mie mani di medico.
Riposa in pace vecchia Maria,
riposa in pace vecchia combattente,
i tuoi nipoti vivranno nell’aurora,

lo giuro!

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Due icone immortali della cultura pop del secolo scorso, Ernesto ‘Che’ Guevara e John Lennon, durante un’improvvisata jam session.

scritto da:

Annachiara Chezzi

Laureata in Scienze della Comunicazione e specializzata in Gestione delle Attività Turistiche e Culturali, è creatrice ed articolista di Cult Stories. La sua innata curiosità la spinge a non accontentarsi di nuotare in superficie e a voler approfondire gli argomenti che tratta.

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